giovedì 14 settembre 2017

"L'emigrazione giovanile ci costa 14 miliardi"

"La spesa familiare per la crescita e l'educazione di un figlio, dalla nascita ai 25 anni, può essere stimata attorno ai 165 mila euro: è come se l'Italia, con l'emigrazione dei suoi giovani, in questi anni avesse perso 42,8 miliardi di euro di investimenti in capitale umano". A questi sprechi va aggiunta la perdita associata alla spesa sostenuta dallo Stato per la formazione di quei giovani che hanno lasciato il paese: 5,6 miliardi se si considera la spesa media per studente dalla scuola primaria fino all'università. Nel solo 2015 ammonterebbe  a 14 miliardi, vale a dire un punto di Pil all'anno.
E' quanto si legge oggi su Repubblica e La Stampa che riporta i risultati svolti dal centro Studi di Confindustria diretto da Luca Paolazzi. Un investimento che avrebbe dovuto esprimersi in risorsa, ma che il nostro Paese, politico ed imprenditoriale, non ha saputo trattenere. Invece si traduce in abbassamento del potenziale di crescita che vanifica in parte il potenziale delle riforme strutturali faticosamente realizzate. 
Occorre rendersi conto che, lo si lelle nella relazione di Concofindustria, finisc eper tradursi in "gravi conseguenze permanenti sulla società e sull'economia dlel'Italia soto forma di depauperamento del capitale sociale e del capitale umano del paese".
Ben vengano e si applauda alla creazione di 814mila nuovi posti di lavoro, vale a dire +3,7% occupazione, +4,3% ore lavorate. Ma è lo sbocco delle nuove generazioni che sta mancando, vuoi per un errato, inadatto percorso di studi, vuoi anche perchè non si sono create le opportunità di ricambio generazionale (qui prodest andare in pensione a 67 anni?).
Ci si preoccupa delle mancate risorse al fondo pensioni, ma che dire degli ex dipendenti parlamentari che introitano 4 volte di quanto hanno versato? Tito Boeri lo sa? E se lo sa forse gli impediscono di metterci mani...
Torniamo ai giovani che lasciano l'Italia in cerca di lavoro: le risorse che perdiamo sono espresse da veri e propri talenti in fuga, risorse che, non apprezzate e colte in Italia, vanno ad arricchire altri Paesi.






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