Il 23
giugno a Tarragona, per la 18a edizione dei Giochi del Mediterraneo, quattro
ragazze salivano sul gradino più alto del podio dopo aver vinto la staffetta 4
x 200 di nuoto: erano Stefania Pirozzi, Margherita Panziera, Linda Caponi e
Laura Letrari. Un successo maiuscolo italiano che replicava quello ottenuto a
Pescara (2009) e Mersin (2013).
Purtroppo
di questa vittoria se ne è parlato pochissimo, un silenzio ingeneroso che si
scontra con i titoloni dedicati alla formazione che ha vinto un altro nostro oro,
quello della 4 x 400 di atletica. Come mai? Perché in quest’ultima gareggiavano
atlete “di colore” e questo aspetto ha soppiantato anche il lodevole risultato
sportivo in quanto era una ghiotta
occasione per farne della strumentalizzazione politica: straniere
(peraltro non bianche) che vincono per l’Italia.
Quanto
siano oggi “straniere” queste ragazze sarebbe opportuno rifletterci:
Raphaela Lukudo è nata ad Aversa (Caserta) 23 anni fa, corre
per il Centro Sportivo Esercito; così come Maria
Benedicta Chigbolu, nata a Roma nel
1989 da madre italiana.
Ayomide Folorunso, nata nel 1996 in
Nigeria, vive a Fidenza dal 2004, è nella squadra del gruppo sportivo Fiamme
oro mentre Libania Grenot, di origine
cubana e sposata dal 2006 con un italiano,
è primatista italiana nei 200 m, corre per le Fiamme Gialle: tutte
atlete con le nostre stellette.
Ma sono
di origine cubana anche: la
mezzofondista Yusneysi Santiusti
Caballero, in Italia dal 2007; l’ostacolista Yadosleidy Pedroso, sposata
con il suo allenatore Massimo Matrone; il lottatore Frank Chamizo, caporal maggiore nell’Esercito, è sposato con
un’italiana e il pallavolista Osmany Jouanturena naturalizzato italiano nel
2010.
Con loro, della squadra
azzurra che partecipò alle Olimpiadi di Rio (2016)¸ facevano parte anche
un’altra decina di atleti nati all’estero, ma nessuno lo sottolineò
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