3.278 nostri connazionali sono reclusi in varie parti del mondo: l'80% in Europa, il 14% nelle Americhe ed altri, forse quelli che vivono situazioni ancor più travagliate, in galere di altri Paesi.
La comunicazione arriva dal nostro Ministero Affari esteri, ma ne ha fornito un dettagliato reportage l'AGI Agenzia Giornalistica Italiana
Ben 3 su 4 sono ancora in attesa di giudizio mentre solo 1 su 5 ha subito una condanna.
Davvero umilianti le condizioni in cui molti di loro sono reclusi, lesive dei più elementari diritti dell'uomo; si pensi a coloro che sono malati ma senza adeguate cure, hanno problemi di lingua e quindi dialogo con le autorità locali e gli altri prigionieri. In altri casi questo ha causato gravi conseguenze, come per Angelo Falcone e Simone Nobili che in India, nel 2007, furono costretti a firmare una dichiarazione in hindi, lingua loro sconosciuta, che si è rivelata una confessione, con tutte le immaginabili conseguenze ed implicazioni.
Un'ampia analisi di questa grave, quando non pericolosa situazione, l'ha svolta Katia Anedda, presidente dell'onlus Prigionieri del silenzio, con sede a Torino, che dal febbraio 2008 si occupa di questa dolorosa realtà che meriterebbe maggiore e più efficace attenzione da parte del nostro potere politico. Nel suo statuto, infatti, c'è l'intento di creare un movimento di opinione pubblica in favore dei detenuti italiani all'estero.
D'altronde non è detto che, perché recluso, uno sia colpevole.
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