venerdì 15 novembre 2019

Esodo italiano da Istria e Dalmazia, da non dimenticare

Egea HAFFNER è una dei 350.000 Italiani che Tito e gli esiti della Seconda Guerra mondiale trasformarono in esuli, in profughi dalle terre giuliane, istriane e dalmate.
Una pagina tristissima che parte dai dolori per i soprusi, le violenze, gli eccidi patiti per mano dei titini e poi l’arduo costruirsi una nuova vita in Italia affrontando diffidenze e ostacoli da gente che doveva invece essere solidale, amica.
Egea HAFFNER accanto al baule dell'esodo
“Vivevamo a Pola e la sera del 1° maggio 1945, verso le 8, due titini suonarono alla nostra porta di in via Epulo; chiesero di mio padre Kurt. Come mai?  Lo tranquillizzarono dicendo che dovevano condurlo al Comando per avere delle informazioni, cosa di poco conto, una pura formalità. Mio padre, rassicurato, uscì con il vestito che aveva addosso e una sciarpa al collo. Da quella sera non si seppe più nulla di lui.
Non avevo ancora 4 anni; in seguito i miei mi raccontarono che, qualche giorno dopo, videro la sciarpa del mio povero padre attorno al collo di un titino”. 
Comincia così la rievocazione che fa Egea Haffner di quell’episodio così tragico per la sua famiglia: “I miei cari non si diedero pace nel cercare sue notizie e, sperando che comunque potesse ritornare, mia nonna, ogni sera,  gli teneva via un pezzo di pane”.
Egea venne a sapere che quella delle visite informali, “tranquillizzanti”, erano una consuetudine da parte dell’OZNA, la famigerata polizia politica slava, e toccò decine di famiglie di quella zona istriana. Si diffuse la notizia che centinaia di Italiani, accusati superficialmente di essere “fascisti” quando magari erano semplici funzionari pubblici o nostri militari, erano già stati passati per le armi, soprattutto gettati nelle foibe. Persone che, senza alcun processo e senza alcun valido motivo e comunque senza colpe, dopo essere stati malmenati, seviziati , venivano legati con filo di ferro dietro la schiena ad altri sventurati e gettati in quelle voragini dove, dopo un’atroce agonia, vedevano spegnere  la loro vita. Si suppone che il papà di Egea sia stato gettato nella foiba di Pisino.
La piccola EGEA in partenza da Pola

Ma chi è Egea Haffner, un nome sconosciuto ai più? E’ la bimba di cinque anni dai capelli a boccoli,  ritratta con una borsa da viaggio, un ombrello ed un cartello “Esule giuliana 30001” scritto da suo zio Alfonso: il numero dei polesani più 1, lei,  che stavano lasciando la città istriana, ricca di vestigia romane, per andare in Italia. Un doloroso esodo forzato che, al termine della Seconda Guerra Mondiale, rischiava di trasformarsi in una diaspora.
la Signora EGEA con il marito, Ing Giovanni TOMAZZONI
“Era il luglio del 1946 - mi racconta ora nella sua bella casa di Rovereto dove dal 1972 vive con suo marito, l’Ingegner Giovanni Tomazzoni, una persona davvero gradevole e di profonda cultura – la destinazione sarebbe stata Cagliari dove viveva una sorella di mia madre. Fummo accolti con grande affetto e io giocavo con i miei cuginetti mentre mia madre lavorava come parrucchiera. Si rimase lì per otto mesi, poi ci trasferimmo a Bolzano dove, nel frattempo, si erano sistemati mia nonna e i miei zii paterni. Erano partiti, come profughi,  da Pola imbarcandosi il 10 febbraio 1947 sulla nave Toscana. 

Dato che parlavamo sia italiano che tedesco la scelta di Bolzano fu dettata dalla opportunità di mettere a frutto il bilinguismo. Vi arrivammo in aprile, con tanti ricordi e un enorme baule che conservo tuttora, sistemandoci in un alloggio alquanto disagevole e lì iniziò la mia vita da esule. Bolzano fu molto importante per la mia vita perché nel 1962 conobbi  Giovanni, il mio futuro marito che sposai nel 1966”.
Malgrado le vicende dell’esodo avessero interessato circa 350.000 italiani delle terre giuliane, istriane e dalmate, per il resto del Paese non ci fu grande risonanza, anzi, in alcune località erano malvisti, osteggiati perché accusati di togliere posti di lavoro ai locali, ma ignari di quale dramma li aveva condotti lì, lontani dalla loro terra, privati della loro casa, dei loro beni.
Egea HAFFNER accanto ad alcuni suoi quadri
Trasferitasi con la famiglia a Rovereto ha cresciuto con il marito Giovanni, le figlie Ilse e Roberta e coltivando un hobby significativo: la pittura, opere alquanto apprezzate.

Qui, nel 1997, grazie alla sensibilità del Museo Storico della Guerra, venne organizzata la mostra Istria: i volti dell’esodo. Per la sua realizzazione, che ebbe grande successo e dove intervenne, fra gli altri, anche Fulvio Tomizza, furono raccolti cimeli e foto di quelle tragiche giornate; a simboleggiare l’evento quella foto di una bimba dai capelli a boccoli, l’Esule giuliana 30001.

Il 29 aprile 2006 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, su proposta di Silvio Berlusconi, conferì a Kurt Haffner, attraverso la figlia Egea, la "medaglia commemorativa del Sacrificio offerto alla Patria".
La dedica sulla medaglia a KURT HAFFNER 

Le è appena giunta una notizia che allarga il cuore: a Fertilia, comune nei pressi di Alghero che venne popolato del Dopoguerra da profughi istriani e dalmati, intendono creare un centro che ricordi l'esodo, si chiamerà proprio Egea. Lei  e  il Marito sono stati invitati per la posa della prima pietra. Un onore che premia settant'anni di testimonianza e tutto il nostro affetto.
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Consiglio la lettura di un libro di Raoul Pupo "Il lungo esodo" - ediz. BUR


                                                        (cliccare sulle foto per ingrandirle)

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