lunedì 14 settembre 2020

SARTORI PLEBANI, messaggera di Italianità

 “Dahin, dahin, geht unser Weg! O Vater, lass uns ziehn! (Qui è dove va la nostra strada! O padre, lasciaci andare!), scriveva Johann W.Goethe nel suo Mignon. E non escludo che Maria Sartori potrebbe averlo detto nel 1987 ai suoi genitori prima di lasciare Bolzano per andare negli Stati Uniti. Esattamente doveva raggiungere l’Università di Pittsburgh dove l’attendeva un master in italiano e il ruolo di teaching assistant nel dipartimento di italiano.

                                                                  Maria Sartori Plebani 

Viveva così la sua prima esperienza di vita all’estero, le chiedo durante il nostro incontro a Lussemburgo

Sì, poi tornai in Italia, esattamente a Brescia, dove dal 1989 al 1993 lavorai come traduttrice. In quegli anni mi sposai con Giancarlo Plebani e nacquero i nostri primi  figli, Alessandro e Stefano. La mia seconda esperienza di vita all’estero, che è poi l’attuale, ha avuto inizio nell’agosto 1993 quando seguii mio marito in Lussemburgo dove lo attendeva un’ importante carica dirigenziale.   

                                                        Sartori Plebani con Gianmaria Italia

Lei, donna di cultura, come ha vissuto l’ambientamento in un paese del tutto nuovo?

Bisogna premettere che Lussemburgo è una, con Bruxelles e Strasburgo, delle tre città sedi di istituzioni europee; qui abbiamo la Corte di Giustizia dell’UE,  la Banca Europea degli Investimenti, la Corte dei conti europea, per cui l’esigenza di una massiccia nuova forza lavoro.  Sono arrivata qui proprio in un periodo in cui c’era questo cambiamento nell’immigrazione, da quella manuale a quella intellettuale, oltretutto erano state chiuse le miniere nelle Terres Rouges, al confine con la Francia.  Io non ho mai subito discriminazioni, penso dipenda da come ci si pone nei rapporti con la gente del posto. Tuttavia va detto che fino ai primi anni ’60 gli italiani erano chiamati Bären, vale a dire orsi e non deve essere stato piacevole per quei nostri connazionali che, lontani da casa, erano arrivati qui per lavorare, guadagnarsi il pane onestamente. 

Immagino che questo trasferimento non abbia limitato le sue aspettative

Da moglie e da madre di due figli l’impegno è immaginabile, tuttavia, dato che nel Granducato era in espansione il settore finanziario a livello internazionale, mi diedi da fare organizzando corsi di lingua italiana per aziende e privati. Qui ci sono molti francesi e portoghesi e sono molto felice di avere insegnato loro la nostra bella lingua e la nostra cultura. Un’esperienza didattica rilevante che ho arricchito scrivendo tre libri dedicati al perfezionamento dell’italiano ai livelli B2.C1. Il primo è stato il romanzo Tutto cominciò con una telefonata, una traduzione francese e tedesca delle parole più difficili. Sono seguiti Tutto è bene quel che finisce bene e Mai dire mai: storie piacevoli integrate da un glossario e da esercizi. Sono testi tuttora disponibili. Poi, nel 2018, ho scritto Qui gatta ci cova per la Langenscheidt. Ah, un particolare molto importante, nel frattempo sono stata allietata dalla nascita di Elena.



Mamma felice e docente alquanto impegnata… 

Sì, c’è stata anche dell’universitaria perché nel 2016 ho conseguito il certificato di Lingua, Cultura e Società italiana nell’Università del Lussemburgo; poi ho collaborato con l’Università di Treviri e, cambiando genere,  ho tenuto anche un corso di cucina italiana per il comune di Bertrange e la rivista Revue ha pubblicato alcune mie ricette.


Davvero un’esperienza didattica ad ampio raggio, ma so che è stata coinvolta anche in molte collaborazioni culturali e sociali.

Ah, certo. Collaboro con Convivium, una benemerita associazione italo-lussemburghese e sono segretaria dell’Associazione Culturale dei Lombardi in Lussemburgo. Lo faccio molto volentieri.  

Vedo che accoglie tutto con piacere, nuovi stimoli. Mi permetta una curiosità: lei ha tre figli e certo mi può dire qualcosa del lavoro degli studenti durante le vacanze estive.

Sì, una bella iniziativa del Granducato; è molto formativa e si chiama “Contrats de travail pour l’occupation des élèves et étudiants pendant les vacances scolaires” ed è riservato a studenti dai 15 ai 27 anni d’età. Ricevono una retribuzione che non può essere inferiore all’80% del salario sociale minimo.

Agli italiani che vorrebbero trasferirsi qui cosa può suggerire?

Lussemburgo è uno stato cosmopolita come pochi; in tutto il territorio si contano 630.000 abitanti, ma il 46% sono stranieri mentre la sua capitale ha 123.000 abitanti di cui solo 36.000 sono lussemburghesi. Premesso questo, che  dimostra quanto sia determinante l’afflusso di stranieri qui, debbo ricordare che quando si emigra si abbandonano genitori, parenti, amici, abitudini che non ritroverai. Bisogna essere ben consapevoli di quello che si lascia perché si affronta una nuova vita. Un grande rispetto, quindi, verso chi decide di compiere questo grande passo.

Come non pensare di conferire un premio a cotanto impegno, a questo valore aggiunto della nostra comunità all'estero? Ci ha pensato l'ASI Associazioni Sportive Sociali Italiane che nel 2016 le ha assegnato la targa del Premio Italiani nel mondo che la professoressa Sartori Plebani conserva con amore e legittimo orgoglio.



                     Sartori Plebani con il Premio ASI Italiani nel mondo consegnatole da G.Italia

NB - Chiunque voglia contattare la Prof.ssa Maria Sartori Plebani potrà scriverle a  plebani@pt.lu  


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