martedì 8 agosto 2017

La tragedia di Marcinelle e il pensiero di Mattarella



Stamane, alle 8,02, i 262 rintocchi della campana di Maria Mater Orphanorum, a Marcinelle, hanno ricordato le vittime della tragedia del 1956
Marcinelle e, soprattutto Bois du Cazier, sarebbero stati nomi sconosciuti nella geografia europea e addirittura belga. Erano invece la località a sud di Charleroi e la sua miniera di carbone dove, poco dopo le 8 dell’8 agosto 1956 si compì una tragedia che causò la morte di 262 lavoratori di cui 136 italiani e 95 belgi. Il lavoro poi riprese fino al 1967 quando fu chiusa definitivamente.
L’escavazione nelle miniere aveva fatto affluire in Belgio migliaia di nostri connazionali, ne erano stati previsti 50mila: “età massima 35 anni e in buona salute” così ripartiti: 1000 minatori a settimana in cambio di 200 kg di carbone al giorno,  a prezzo preferenziale, per ogni minatore. Avrebbero viaggiato in treno fino a Namur e da lì smistati nei cinque bacini carboniferi.
Era il risultato dell’accordo sottoscritto a Roma proprio dieci anni prima (23 giugno 1946) tra il nostro Paese e Bruxelles, per l’Italia firmò il capo delegazione, il conte Secco Suardo  e per il Belgio il comte Geoffrey d’Aspremont-Lynden, incaricato d’affari presso l’Ambasciata del Belgio a Roma.
Ci fu una vasta campagna di pubblicizzazione per reclutare i lavoratori come salari elevati, viaggi  ferroviari gratuiti, assegni familiari, ferie pagate e pensionamento anticipato. In realtà, già dall’alloggiamento nelle cantines, le baracche calde d’estate e gelide d’inverno, l’esperienza non fu delle migliori anche perché l’accoglienza dei belgi non fu delle migliori, sulle case era facile trovare scritte alquanto esplicite: ni animaux, ni etrangers Insomma, un pane guadagnato a caro prezzo, sia nelle miniere belghe come in quelle francesi e lussemburghesi.
© Riproduzione riservata

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L’odierna commemorazione ha fatto registrare varie voci, anche quella del nostro Capo dello Stato che bene ha fatto nel ricordare le “generazioni di Italiani che hanno vissuto la gravosa esperienza dell’emigrazione. Hanno sofferto per la separazione dalle famiglie d’origine e affrontato condizioni di lavoro non facili, alla ricerca di una piena integrazione nelle società di accoglienza”. Tutto giusto ma sbagliato il tempo dei verbi: caro Mattarella, si faccia informare meglio: l’emigrazione italiana perdura ed aumenta, le famiglie versano ancora lacrime alla partenza (e non solo) e la convivenza, la concorrenza con tanti altri lavoratori anch’essi emigrati da altre nazioni non è sempre delle più facili. Però si affermano, fanno onore all’Italia e a loro, Presidente, rivolga un pensiero di stima e di affetto, come un padre ai figli che sono ormai 5 milioni.
Non ho dubbi che lo farà e le saranno grati.

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