Stamane,
alle 8,02, i 262 rintocchi della campana di Maria Mater Orphanorum, a
Marcinelle, hanno ricordato le vittime della tragedia del 1956
Marcinelle
e, soprattutto Bois du Cazier, sarebbero stati nomi sconosciuti nella geografia
europea e addirittura belga. Erano invece la località a sud di Charleroi e la
sua miniera di carbone dove, poco dopo le 8 dell’8 agosto 1956 si compì una
tragedia che causò la morte di 262 lavoratori di cui 136 italiani e 95 belgi.
Il lavoro poi riprese fino al 1967 quando fu chiusa definitivamente.
L’escavazione
nelle miniere aveva fatto affluire in Belgio migliaia di nostri connazionali, ne
erano stati previsti 50mila: “età massima 35 anni e in buona salute” così
ripartiti: 1000 minatori a settimana in cambio di 200 kg di carbone al giorno, a prezzo preferenziale, per ogni minatore. Avrebbero
viaggiato in treno fino a Namur e da lì smistati nei cinque bacini carboniferi.
Era il
risultato dell’accordo sottoscritto a Roma proprio dieci anni prima (23 giugno
1946) tra il nostro Paese e Bruxelles, per l’Italia firmò il capo delegazione,
il conte Secco Suardo e per il Belgio il
comte Geoffrey d’Aspremont-Lynden, incaricato d’affari presso l’Ambasciata del
Belgio a Roma.
Ci fu una
vasta campagna di pubblicizzazione per reclutare i lavoratori come salari
elevati, viaggi ferroviari gratuiti, assegni
familiari, ferie pagate e pensionamento anticipato. In realtà, già dall’alloggiamento
nelle cantines, le baracche calde d’estate
e gelide d’inverno, l’esperienza non fu delle migliori anche perché l’accoglienza
dei belgi non fu delle migliori, sulle case era facile trovare scritte alquanto
esplicite: ni animaux, ni etrangers Insomma, un pane guadagnato a
caro prezzo, sia nelle miniere belghe come in quelle francesi e lussemburghesi.
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L’odierna
commemorazione ha fatto registrare varie voci, anche quella del nostro Capo dello
Stato che bene ha fatto nel ricordare le “generazioni di Italiani che hanno vissuto
la gravosa esperienza dell’emigrazione. Hanno sofferto per la separazione dalle
famiglie d’origine e affrontato condizioni di lavoro non facili, alla ricerca
di una piena integrazione nelle società di accoglienza”. Tutto giusto ma
sbagliato il tempo dei verbi: caro Mattarella, si faccia informare meglio: l’emigrazione
italiana perdura ed aumenta, le famiglie versano ancora lacrime alla partenza
(e non solo) e la convivenza, la concorrenza con tanti altri lavoratori anch’essi
emigrati da altre nazioni non è sempre delle più facili. Però si affermano,
fanno onore all’Italia e a loro, Presidente, rivolga un pensiero di stima e di
affetto, come un padre ai figli che sono ormai 5 milioni.
Non ho dubbi
che lo farà e le saranno grati.
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