La commissione Lavoro della Camera, eliminando i voucher, ha commesso un errore che potrebbe rivelarsi grave perché ha creato un VUOTO NORMATIVO. I primi colpevoli sono comunque quei sindacati che, facendo ricorso al referendum, hanno voluto avviare una battaglia ideologica che avrà, proprio nei lavoratori senza occupazione, le vittime. In seconda battuta lo sbaglio di quegli strapagati amministratori pubblici che sono i deputati, timorosi di un'altra eventuale debacle da referendum: "meglio lavoratori affamati che una nostra non sconfitta"?
Alquanto discutibile l'affermazione di Susanna Camusso, leader della CIGL e sostenitrice dell'abolizione: "Bisogna, in questi casi, avere molta pazienza e sapere come stanno esattamente le cose." Certo che lei non ha problemi di salario, e neppure gli altri dirigenti sindacali; non si rende conto che con quei voucher un laviratore risolve il problema del pasto quotidiano e tenta anche quello delle bollette di luce e gas.
E' infatti ben poco immaginabile che piccoli imprenditori traducano in assunzioni quelle collaborazioni non più retribuibili con i voucher, un mezzo che ha supplito a migliaia di situazioni critiche di disoccupazione.
Corretta ed appropriata l'opposizione mossa da Confimprese, ma quando il rapporto quotidiani dei politici è prevalentemente nei corridoi di partito che nel dialogo con il mondo del lavoro, con le imprese e i lavoratori, non potevamo aspettarci che questo risultato.
Senza i voucher si può immaginare che la necessità occasionale di una prestazione d'opera si tradurrà in un ricorso al lavoro nero, così avremo meno gente occupata (con un salario ufficiale) e un numero, certo inferiore, di lavoratori pagati sì, ma ancor più precari.
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